mercoledì 30 settembre 2015

Pointe Noire 29 settembre

Pointe Noire 29 settembre

Carissimi tutti,
forse quando ci leggerete noi saremo in volo sempre che domani mattina riusciamo a postare queste parole.
Oggi doveva essere una giornata tranquilla e senza problemi e in parte così è stato ma comunque molto piena per le ultime cose da fare e per essere sicuri di poter partire tranquilli.
Alle nove eravamo già dagli uffici di Bolloré per portare ancora documenti per la spedizione e soprattutto per sapere il prezzo che sembrava dover essere molto più alto del previsto. Invece prezzo ottimo e documenti a posto.
Lasciamo gli uffici sereni non dopo aver stupito il capo responsabile dicendo che eravamo due sacerdoti con quattro amici.
Abbiamo cercato un ufficio per il cambio, passati dalla compagnia aerea che ci porterà a casa per essere sicuri del nostro biglietto e siamo tornati da Giovanni e Maurilio che erano tranquillamente al bar del piccolo hotel dove siamo.
Ordiniamo il pranzo dicendo di fare in fretta perché aspettiamo una chiamata telefonica e dobbiamo andare ancora al porto per consegnare le moto. La tranquillità africana impiega un’ora e mezza a preparare e quando ci dobbiamo mettere a tavola ci chiamano dal porto e ci chiedono di far veloci perché la dogana vuole vedere le moto e chiude alle 14. Un po’ di apprensione, carichiamo e corriamo al porto arrivando in orario ma non trovando il tipo che ci doveva attendere. Dalla dogana escono i grandi con le macchine e per un attimo abbiamo timore di non riuscire a finire le pratiche invece ritrovato il nostro responsabile spiegando la situazione otteniamo in un tempo accettabile le autorizzazioni per entrare in porto e lasciare le moto. Partiamo condotti dal personale di Bolloré pensando che tutto sia facile e invece… per due volte ci fanno tornare indietro perché la polizia portuale pianta grane. Ci tornano in mente le scene di Kinshasa… Assistiamo a una terribile scena di corruzione, il poliziotto non sapeva che capivamo il francese così sentiamo tutto! Ma alla fine la calma dei nostri accompagnatori e un voltafaccia penoso del poliziotto “unto” entriamo nel magazzino accolti con professionalità e attenzione. Prepariamo le moto e discutiamo dell’accaduto, immagine davvero triste per tutti ma ordinaria non solo in questo porto. La cosa ci permette di ascoltare della situazione locale e della fatica a lavorare onestamente col sistema.
Usciti dal porto decidiamo di passare a salutare i salesiani che abbiamo conosciuto ieri. Siamo accolti da una musica assordante che scopriamo essere una campagna di evangelizzazione cattolica che ci fa ricordare nel modo di fare, gridare e pregare, la chiesa pentecostale conosciuta a Kinshasa! Ne parliamo con padre Alcide, salesiano italiano che ci accoglie e ci presenta il loro lavoro. Ascoltiamo volentieri i suoi racconti, della storia del paese, della situazione della città, della chiesa. Ombre e alcune luci che fanno guardare il futuro con un po’ di speranza.
Ci salutiamo e riprendiamo i taxi locali che ormai abbiamo cominciato a conoscere. Chiacchierando con gli autisti si scoprono tante cose di questo paese e soprattutto la fatica ad accettare una situazione che arricchisce sempre solo qualcuno. Ci impressiona quanto Eni e Total siano onnipresenti e quasi onnipotenti.
Bello comunque finire la giornata coi racconti e col sorriso di Padre Alcide col quale scopriamo conoscenze comuni. Per Maurilio è il ritorno ai luoghi di formazione…
Fatta cena con il pasto che oggi avevamo ordinato ma non mangiato ora andiamo a nanna, domani alle 9 ci sposteremo all’aeroporto per il rientro!
Quanta gratitudine in cuore per il vissuto e soprattutto per le persone incontrate, per tutti quelli che ci hanno accolto e ci hanno fatto sentire bene in questa terra che amiamo. Spesso anche in questo viaggio abbiamo sperimentato che alla fine i problemi si risolvono anche se all’ultimo minuto o semplicemente aspettando e accettando ritmi che non sono certamente nostri.
Il buon Dio ha vegliato su di noi e tutti ne siamo grati, grati anche a quelli che ci hanno portato nei loro cuori da lontano partecipando nella gioia e pieni di apprensione nei momenti più delicati rendendosi così vicini ad ognuno di noi.

Grazie un abbraccio a tutti

la pace dei guerrieri

finalmente le moto a destinazione

no comment

e si esce come gli scarticatori di porto

Padre Alcide dei salesiani

in ricordo dei bei tempi andati... per don Bianchi

ultima cena

lunedì 28 settembre 2015

Pointe Noire 28 settembre



Carissimi tutti

Dobbiamo fare il punto della situazione dopo un giorno che non scriviamo.
Ieri siamo arrivati siamo arrivati a Pointe Noire alle 16.30 dopo una tappa molto bella ma anche molto impegnativa. Ci avevano detto che in una giornata e partendo presto si poteva coprire la distanza di 500 km che separavano la capitale Brazzaville dalla capitale economica di Pointe Noire. Ci avevano anche detto che la strada doveva essere sostanzialmente bella, solo qualche km di pista.
Per questo siamo partiti alle 6 dopo aver caricato l’auto che avevamo affittato la sera precedente. I primi 70 km sono stati una delizia: asfalto bello e nuovo con un panorama rigoglioso di inizio foresta tropicale. Dopo la prima grande città, è iniziata la pista. Inizio bella, senza troppe buche che permetteva un’andatura regolare tra i 70-80 km orari. Così è durato per una novantina di km. Si vedevano cantinieri per la costruzione della nuova strada. Grandi ponti e grandi spostamenti di terra. Finiti i cantieri per la strada anche la pista si è fatta più brutta fino a diventare, negli ultimi km, molto brutta. Tanta polvere che alle volte arrivava ai mozzi delle ruote e tanti autocarri cha hanno reso molto impegnativa la guida. Poi all’improvviso, ecco l’asfalto. Strada larga (4 corsie), ma solo per alcuni km poi i camion riprendono la pista e si scorge cubi di cemento che sbarrano la strada. Ci sono delle persone che vegliano accanto a questi cubi. Luca, preso dalla sua voglia di pista, segue i camion nella pista polverosa mentre Paolo e Claudio che seguivano poco distante proseguono sull’asfalto insieme all’auto che seguiva con un soldato per guardia del corpo dato che il tratto di strada, dicono sia pericoloso a causa di gruppi di banditi. In questo modo il gruppo di divide con Luca che segue la pista e quindi procede molto più lentamente (in quel tratto non si riusciva a procedere che in prima o seconda marcia) e gli altri che invece, sull’asfalto procedevano spediti. Questo per alcuni km, poi Claudio se ne rende conto e si ferma in un punto dove le due strade si avvicinano. Chiedendo a degli operai e sapendo che Luca non era ancora passato, si ferma per aspettare. Paolo si ferma con lui e l’auto arriva poco dopo e la tensione sale visto che Luca non arriva. Dopo un po’ di attesa carica di tensione, Luca sbuca in mezzo alla polvere di un camion. Dopo le normali parole cariche di quella rabbia che nasconde la preoccupazione si deve trovare la possibilità di attraversare per poter arrivare sull’asfalto. Un po’ di enduro non proprio estremo ma quasi e ci ritroviamo tutti sulla strada bella. Non avremmo immaginato che di lì a poco avremmo dovuto nuovamente smontare le valigie di Luca e Paolo per un passaggio all’estremo tra grandi pietre che dovevano impedire l’accesso alla strada. Comunque dopo un po’ di ostacoli superati grazie al fatto che siamo ormai una buona squadra affiatata e preparata, siamo arrivati a Pointe Noire alla parrocchia di San Francesco dai cappuccini. Dato che qui è la fine dell’estate e il momento della programmazione, non c’erano posti né nella casa d’accoglienza della diocesi, né da altre parti e siamo stati alloggiati in un centro, tipo ostello per la gioventù ma un po’ abbandonato. Un po’ troppo anche per i nostri standard che dopo tanti viaggi in Africa si sono fatti buoni a tutto. Siamo rimasti d’accordo che oggi avremmo cercato una nuova sistemazione dopo esser andati al porto per le moto.
Sta mattina siamo andati a messa alle 6.30 nella cappella della parrocchia e dopo la presentazione dei turisti venuti dall’Italia abbiamo avuto tutti che sono venuti a salutarci: una vera processione di persone.
Dopo colazione abbiamo preso un taxi e siamo andati agli uffici di Bolloré vicini all’entrata del porto. Il contatto lo ha cercato, come già altre volte, GianLuca Garzino. Stiamo ancora aspettando l’offerta e poi domattina dovremmo portare le moto al porto per l’imbarco.
Ora siamo in un Hotel che i Salesiani che abbiamo conosciuto sta mattina ci hanno consigliato. Tutto molto africano, ma molto meglio rispetto a ieri sera. Non c’è internet ma dopo aver scritto cercheremo un Cyber Café. Domani vi racconteremo.
Per adesso, un abbraccio a tutti.

cominciano le danze!!!

Pronti - via! Parigi Dakar!

visibiità scarsa

Passaggio estremo ma siamo una squadra ormai affiatata

Comprate le moto larghe e poi succede così!

finalmente all'arrivo

tracce italiane

super lusso per i nostri vecchietti! Se lo meritano. Autista eccellente

Segni di una guerra fratricida ancora vicina

i veri eroi sono loro i camionisti gran gente

non si fermano mai e per 250 euro al mese. La moto ci permette di chiacchierare spesso con loro

no comment

sabato 26 settembre 2015

Brazzaville 26 settembre



Carissimi tutti

Siamo a Brazzaville e dopo aver passato il fiume, vorremmo dire: “meno male!” L’uscita dal Congo è stata un’odissea estenuante e assurda.
Il partire da un luogo, anche se non ci si è fermato non per molto, è sempre un momento strano. Da un lato la voglia di ripartire, di muoversi e di avvicinarsi casa, dall’altro la fatica di salutare persone che in così pochi giorni hanno saputo entrare nei nostri cuori con la loro semplicità, immediatezza e gentilezza. Non dimenticheremo i giorni passati con la comunità di Limete e le altre comunità di suore che abbiamo conosciuto.
Come al solito prima di partire c’è stato il rito delle foto. Non solo a noi, ma anche alle nostre moto. Ci è sembrato di ritornare a Mora nel 2011 quando suor Justine e Berte non solo avevano fotografato le nostre moto ma avevano voluto farsi fotografare cavalcandole.
Il tragitto verso il porto è stato breve e facile visto il traffico di sabato. Arrivati ai cancelli degli uffici abbiamo per prima cosa visto le nostre moto disinfestate non tanto dalla tanta polvere che hanno accumulato, ma da fantomatici batteri. Risultato: le moto ancora più sporche ma profumate di cloro come se fossero uscite dalla piscina.
Noi credevamo che questa fosse la sola stranezza che avrebbe ritardato la nostra uscita dal Congo, ma non sapevamo cosa ci stava per succedere. Dopo l’ultimo timbro fatto sui nostri fogli, abbiamo cominciato a spostare le nostre moto davanti ai due cancelli che ci dividevano dalle barche che avrebbero dovuto portarci a Brazzaville. Una volta eravamo proprio a 50 cm dalla salvezza e ci siamo visti rifiutare il passaggio per una ragione che non abbiamo capito. Una cosa che ci ha colpito è che aspetti per tantissimo tempo una decisione e poi quando arriva bisogna fare velocissimi prima che qualcuno cambi idea e chiuda quella finestra che si era aperta. Non ci sono ragioni evidenti e chiare, quando ti dicono sì, vai finché puoi perché altrimenti resti a piedi. E così è successo a noi. Dopo aver spostato le moto parecchie volte, tutto si è fermato perché c’era il ministro congolese (Brazzaville) che era venuto in visita ufficiale. Risultato abbiamo visto la sfilata ma abbiamo perso più di un’ora. Dopo questo pensavamo che tutto sarebbe stato semplice. In realtà due capi di ufficio si sono messi a bisticciare tra loro sul luogo dove noi avremmo dovuto imbarcare le moto e così abbiamo dovuto aspettare ancora più di un’ora per alla fine spostarci al porto commerciale per imbarcare le moto e poi ritornare per imbarcarci su un’altra barca. Meno male che abbiamo potuto controllare l’imbarco delle moto perché le avrebbero danneggiate dovendole sollevare di peso e farle scendere su una scalinata. Alla fine dopo più di sei ore riusciamo ad imbarcare le moto e poi noi non senza esserci arrabbiati un po’ con alcune guardie.
Ci ha fatto male vedere negli occhi di suor Marthe e suor Wivine la tristezza difronte al corruzione e alla disfunzione totale del loro proprio paese. Loro come tante altre persone di buona volontà non si meritano un stato così mal concio. È normale che chi può se ne va perché sembra impossibile poter far cambiare le cose. Se ci sarà un cambiamento non avverrà sicuramente dall’alto, ma dalla buona volontà del basso. È anche vero che tutto questo crea un malcontento che nel momento in cui scoppia diventa molto difficile da gestire e crea molta violenza. Speriamo soprattutto per le tante persone che avrebbero voglia di cambiare e creare un paese nuovo.
Una volta arrivati a Brazzaville avevamo suor Agnese che ci aspettava. Veramente era dalle 9 del mattino che ci aspettava. Non è stato per nulla difficile espletare le formalità e uscire dalla dogana con le moto. Arrivate alla parrocchia che ci ospita abbiamo ancora dovuto mercanteggiare il prezzo per l’auto che domani porterà Giovanni, Dino e Maurilio a Pointe Noire. Ce la siamo cavata con un buon prezzo.
Adesso andiamo a dormire perché domani partiamo alle 6 e abbiamo 500 km che ci aspettano con 150 di pista. Dicono che la strada è bella. Vedremo.
La morale della giornata: Speriamo che l’inferno sia gestito dall’amministrazione congolese perché vorrebbe dire che nulla funziona e che quindi nemmeno le pene. Suor Marthe ripeteva anche un detto africano: quando due elefanti bisticciano, chi ci rimette è sempre l’erba.
Con questo vi lasciamo e vi auguriamo buona notte.
A domani.


Carissimi tutti

Siamo a Brazzaville e dopo aver passato il fiume, vorremmo dire: “meno male!” L’uscita dal Congo è stata un’odissea estenuante e assurda.
Il partire da un luogo, anche se non ci si è fermato non per molto, è sempre un momento strano. Da un lato la voglia di ripartire, di muoversi e di avvicinarsi casa, dall’altro la fatica di salutare persone che in così pochi giorni hanno saputo entrare nei nostri cuori con la loro semplicità, immediatezza e gentilezza. Non dimenticheremo i giorni passati con la comunità di Limete e le altre comunità di suore che abbiamo conosciuto.
Come al solito prima di partire c’è stato il rito delle foto. Non solo a noi, ma anche alle nostre moto. Ci è sembrato di ritornare a Mora nel 2011 quando suor Justine e Berte non solo avevano fotografato le nostre moto ma avevano voluto farsi fotografare cavalcandole.
Il tragitto verso il porto è stato breve e facile visto il traffico di sabato. Arrivati ai cancelli degli uffici abbiamo per prima cosa visto le nostre moto disinfestate non tanto dalla tanta polvere che hanno accumulato, ma da fantomatici batteri. Risultato: le moto ancora più sporche ma profumate di cloro come se fossero uscite dalla piscina.
Noi credevamo che questa fosse la sola stranezza che avrebbe ritardato la nostra uscita dal Congo, ma non sapevamo cosa ci stava per succedere. Dopo l’ultimo timbro fatto sui nostri fogli, abbiamo cominciato a spostare le nostre moto davanti ai due cancelli che ci dividevano dalle barche che avrebbero dovuto portarci a Brazzaville. Una volta eravamo proprio a 50 cm dalla salvezza e ci siamo visti rifiutare il passaggio per una ragione che non abbiamo capito. Una cosa che ci ha colpito è che aspetti per tantissimo tempo una decisione e poi quando arriva bisogna fare velocissimi prima che qualcuno cambi idea e chiuda quella finestra che si era aperta. Non ci sono ragioni evidenti e chiare, quando ti dicono sì, vai finché puoi perché altrimenti resti a piedi. E così è successo a noi. Dopo aver spostato le moto parecchie volte, tutto si è fermato perché c’era il ministro congolese (Brazzaville) che era venuto in visita ufficiale. Risultato abbiamo visto la sfilata ma abbiamo perso più di un’ora. Dopo questo pensavamo che tutto sarebbe stato semplice. In realtà due capi di ufficio si sono messi a bisticciare tra loro sul luogo dove noi avremmo dovuto imbarcare le moto e così abbiamo dovuto aspettare ancora più di un’ora per alla fine spostarci al porto commerciale per imbarcare le moto e poi ritornare per imbarcarci su un’altra barca. Meno male che abbiamo potuto controllare l’imbarco delle moto perché le avrebbero danneggiate dovendole sollevare di peso e farle scendere su una scalinata. Alla fine dopo più di sei ore riusciamo ad imbarcare le moto e poi noi non senza esserci arrabbiati un po’ con alcune guardie.
Ci ha fatto male vedere negli occhi di suor Marthe e suor Wivine la tristezza difronte al corruzione e alla disfunzione totale del loro proprio paese. Loro come tante altre persone di buona volontà non si meritano un stato così mal concio. È normale che chi può se ne va perché sembra impossibile poter far cambiare le cose. Se ci sarà un cambiamento non avverrà sicuramente dall’alto, ma dalla buona volontà del basso. È anche vero che tutto questo crea un malcontento che nel momento in cui scoppia diventa molto difficile da gestire e crea molta violenza. Speriamo soprattutto per le tante persone che avrebbero voglia di cambiare e creare un paese nuovo.
Una volta arrivati a Brazzaville avevamo suor Agnese che ci aspettava. Veramente era dalle 9 del mattino che ci aspettava. Non è stato per nulla difficile espletare le formalità e uscire dalla dogana con le moto. Arrivate alla parrocchia che ci ospita abbiamo ancora dovuto mercanteggiare il prezzo per l’auto che domani porterà Giovanni, Dino e Maurilio a Pointe Noire. Ce la siamo cavata con un buon prezzo.
Adesso andiamo a dormire perché domani partiamo alle 6 e abbiamo 500 km che ci aspettano con 150 di pista. Dicono che la strada è bella. Vedremo.
La morale della giornata: Speriamo che l’inferno sia gestito dall’amministrazione congolese perché vorrebbe dire che nulla funziona e che quindi nemmeno le pene. Suor Marthe ripeteva anche un detto africano: quando due elefanti bisticciano, chi ci rimette è sempre l’erba.
Con questo vi lasciamo e vi auguriamo buona notte.
A domani.

manovre per caricare le moto

Meglio controllare bene

In mezzo la traffico di Kinshasa

Non c'è niente che funziona ma i salva gente vanno legati bene

Foto di gruppo prima di partire da Limete

Suor Anne

Ultimo saluto a suor Marthe e suor Wivine

salutiamo Kinshasa

Si guarda Brazzaville con speranza

Brazzaville

Foto di gruppo con suor Agnese e padre Brel