giovedì 19 gennaio 2012

giovedì



Carissimi tutti,
ieri dopo più di 600km siamo facilmente arrivati a Tangeri con il tempo di gustare la città vecchia, il caos della serata e un tramonto dolce. Giornata di lungo ritorno verso nord ancora con tempo bello se pur freddo almeno al mattino. Arrivare alla nave dice la fine di un viaggio, di km percorsi insieme di gioie e di timori della strada. La notte è stata riposo gioioso e oggi si viaggia su questa nave che porta in Italia famiglie di Marocchini che lavorano da noi. Generazioni che cresceranno facendo i pendolari cercando da parte dei genitori di non far perdere le radici lontane e così diverse dalla nostra Italia. Anche la televisione sempre accesa su canali mediaset trasmette idiozie di programmi che però chissà che influenza lasceranno su di noi tutti. Ci sono bambini di tutte le età. Chi sta ancora in braccio alle mamme e ai papà, chi comincia a camminare e sui tappeti della nave prova i primi passi, chi corre e gioca a nascondino o a “tocca color”, chi bisticcia per una regola del gioco infranta e subito dopo ricomincia a giocare e a rincorrersi, chi invece deve ancora finire i compiti e quindi scrive sbirciando con invidia gli altri che corrono liberi. Ci ricordiamo anche la fine delle nostre vacanze quando c’erano ancora sempre gli ultimi compiti da fare (alle volte erano la maggior parte). È un miscuglio di lingue e di volti che cercano solo un sorriso anche timido per aprirsi e sbocciare. Questo vale anche per i genitori che nel momento in cui notano che i figli non danno fastidio si lanciano in timidi discorsi sull’Italia e sul Marocco. Bell’incontro di un’umanità che di solito a casa si evita o semplicemente non si incontra perché fa riferimento a mondi che faticano a relazionarsi, ma che la nave, terra di confine viaggiante, che fa stranieri tutti, unisce e fa incontrare. Cerchiamo comunque spesso il silenzio della cabina o del ponte. Il sole oggi è stato tiepido e lo abbiamo gustato fino al tramonto.
Anche questo un viaggio da “ruminare” nelle cose viste e soprattutto nelle persone incontrate dalle piccole sorelle alle suore francescane ai monaci di Midelt, quanta ricchezza ricevuta nel cuore. L’intensità del viaggiare in questo modo ci ha permesso di staccare con la testa dall’ordinario, gustiamo ancora queste ore di vacanza sulla nave leggendo con gusto, meditando, guardando il mare e pregando sia insieme che personalmente. La nave è un mondo, un mondo unico soprattutto queste che sono da trasporto non tanto di turisti quanto di emigranti o lavoratori. Di turisti siamo veramente pochi e anche questo è bello.








Porteremo in cuore questo Marocco così grande e così diverso. Nel suo libro Marocco, romanzo, Tahar Ben Jelloun afferma che «il Marocco bisogna intuirlo, immaginarlo, fare attenzione ai particolari, è un enigma da sedurre con garbo: per affrontarlo non serve una guida da scorrere distrattamente ma un libro che ci accolga con la stessa ospitalità dei suoi abitanti». Più si sale a nord più è ricco in vegetazione e modi di lavorare più scendi più è povero, desertico polveroso e ventoso. Quanti posti in cui ci siamo chiesti: ma di che vive la gente che abita qui? Non c’è nulla di nulla solo vento e pietre. Piccoli angoli lavorati per strappare alla terra un po’ di vita. Anche gli abiti parlano, quello lungo quasi monastico si comprende per il freddo e il vento incessante, copre dalla testa fino ai piedi, protegge e in qualche modo abbraccia.
Domani ancora navigazione con sosta a Barcellona poi verso Genova sperando in un tempo clemente per il rientro a Milano e a Sampeyre. Sabato pomeriggio ci aspettano parecchie messe da celebrare … Ma abbiamo voglia di tornare e questo è stupendamente bello: sapersi attesi sapere di poter condividere con altri il regalo del “viaggiare per incontrare”.
Un abbraccio a tutti soprattutto ai figli e alle donne che ci aspettano a casa.


mercoledì 18 gennaio 2012

martedì

carissimi tutti

dopo questa lunga giornata l'unica parola che ci viene in mente è indimenticabile, ma non nello stesso modo delle giornate precedenti, ma nella modalità del viaggio.
Partiamo da Ouarzazate alle nove dopo aver salutato le suore con cui ieri sera avevamo condiviso la messa e la cena. C'è ancora nei nostri occhi la bellezza della condivizione di vita della serata precedente. é sempre un po' triste salutarsi anche perchè si sa che un eventuale altro incontro avrebbe un profumo di miracolo.










La meta è Marrakech attraverso il colle Titzi-n-Tchka per poi arrivare a dormire dalle piccole sorelle di Casablanca. Lasciando l'albergo il proprietario ci dice che sul colle c'è un po' di neve. Imboccando la via del colle notiamo un bluffo di nuvole che dalle nostre parte dice bufera e neve in quota e anche qui non si sbaglia. Dopo 50 km cominciamo a vedere i primi fiocchi di neve portati dal forte vento che fa scendere la teperatura a 1-2 gradi. Continuiamo a salire anche grazie alle indicazione dello spartineve che incontriamo su una strada che comincia a farsi sempre più bianca. Qui non usano sabbia o sale per la neve quindi sull'asfalto si crea una patina di ghiaccio che ci obbliga a salire con i piedi per terra. Luca, causa una curva in pendenza e il suo carico non indifferente, si ritrova con la moto per terra e girata nel senso contrario di marcia. Meno male che si andava su piano. Ad un certo punto incrociamo una macchina italiana che ci dice che il colle dista non più di un km, ma che dall'altra parte ci sono almeno 10 km di ghiaccio che ci attendono. Dopo di loro incrociamo tre motociclisti italiani che sono saliti dall'altra parte e ci dicono di essere caduti almeno una cinquantina di volte e che è meglio girare indietro. La decisione è presa velocemente sia perchè non ci sono alternative, sia perchè il termometro delle moto indica -3. Non male, l'altro giorno eravamo sulle dune di sabbia, oggi sulla neve. La discesa è difficile i primi km che sono ancora bianchi e poi giù. Alla mezza avevamo fatto appena 37 km da Ouarzazate. Non male, ma almeno siamo sani e salvi, moto comprese.
Prendiamo la strada per Agadir pensando di dover all'ungare circa 1000 km. C'è un bel sole ma almeno i primi 50 km il vento è massacrante. Dopo il rifornimento e un pasto molto frugale ripartiamo con la paura in cuore di non farcela. I paesaggi sono molto belli e ad un certo punto il vento lascia in pace. Il tempo però è poco e la strada tanta. Ad un incrocio che indica Marrakech attraverso il colle di Tizti-n-Test, chiediamo alla polizia se la strada è buona e soprattutto se non c'è neve. Ci assicurano che la strada è bella. Ci incamminiamo perchè così risparmiamo almeno 250 km e 3 ore di guida. La strada si inerpica subito sulle montagne con dei panorami mozza fiato accanto a paesini molto poveri. Peccato che il tempo è poco. Saliamo veloci per arrivare in cima con un vento pazzesco. Poche foto perchè ci attende ancora la discesa che sarà lunga e soprattutto con il buio che arriva veloce. Arriviamo a Marrakech che è già buio pesto. La strada che abbiamo fatto anche verso Marrakech deve essere molto bella e piacevole; per noi è stata molto faticosa. Per rendere l'idea è un po' come fare la strada che sale al colle di Sampeyre, ma lunga circa 140 km.
Una volta arrivati telefoniamo alle piccole sorelle che ci aspettavano a Casablanca. Sono dispiaciute di non più rivederci, ma Ruggero dice che un buon viaggio è quello che lascia ancora qualcosa dietro di sè per poter ritornare.
Adesso andiamo a dormire. Domani ci attendono i km che non siamo riusciti a fare quest'oggi e poi la nave per il ritorno.
Buona notte a tutti e a presto

martedì 17 gennaio 2012

lunedi


Carissimi tutti,
ci leggerete e forse noi saremo già nuovamente in moto verso Casablanca. Oggi tappa cominciata presto con l’alba sulle dune alle 6.30. Poi colazione saluti tante foto aspettando il sole e si parte con 4.5°! Viaggio verso nord-ovest lasciandoci alle spalle il deserto verso la costa passando alla base dell’atlante in lontananza.
Tappa lunga, impegnativa di 467km di cui parecchi su strada stretta abbastanza trafficata. Lasciamo la strada principale due volte per salire nelle gorges del Dodra e poi del Dades. Posti meravigliosi da mozzafiato. Tante volte avremmo voluto girar la moto sulle invitanti piste sterrate che si perdevano nel deserto… sarà per la prossima volta. I posti sono così belli e i km così tanti che ci troviamo al tramonto ancora lontani dalla meta dove ci aspettano le suore francescane dal 1912 presenti in questa terra. Gli ultimi 60km sono in pieno controsole, Luca corre veloce ma è veramente difficile vedere qualcosa col sole negli occhi e un vento laterale che spesso sposta la moto o fa viaggiare piegato di traverso. Arriviamo esausti con ancora un po’ di luce. Siamo proprio sfiniti dalla tappa. Ad aspettarci una piccola comunità di suore, una spagnola un’indiana e alcune francesi. CI chiedono di celebrare con loro la messa, oggi in Marocco si fa memoria dei primi martiri cristiani: cinque francescani uccisi quando ancora s. Francesco era in vita. Messa semplice e profonda e poi un’abbondante e calda cena “riscaldata” anche da un bel caminetto: la prima casa un po’ riscaldata da quando siamo partiti. Nelle case in questo periodo non ci sono più di 10-12°!
CI raccontiamo vita tutta la serata, che bello viaggiare in questo modo, ancora una volta un’esperienza di chiesa molto profonda ascoltando raccontare di una chiesa nascosta ma apprezzata nelle persone che qui spendono la loro vita nel silenzio fatto di accoglienza, lavoro e attenzione ai più poveri. Figure di donne queste suore, che sanno condividere nella semplicità vita vissuta nel silenzio a dire con dei gesti la propria fede. È toccante come in questi casi la fede ci renda subito fratelli se pur è la prima volta che ci si vede.
Domani si sale a 2200m per poter scendere a Marrakesh e poi viaggiare verso Casablanca dove ci aspettano le Piccole sorelle. Grazie a chi ci ricorda, vi portiamo nel cuore.











domenica 15 gennaio 2012

domenica 15


Carissimi tutti,
ieri sera non siamo riusciti a scrivere almeno per due motivi: il freddo e come conseguenza la non voglia di star fuori a cercare una connessione internet possibile. Ma ieri e oggi son state giornate molto particolari e anche solo per quello che abbiam vissuto valeva la pena partire.
Cominciamo dal freddo… Al mattino visitiamo Fes, bellissima città affascinante, siamo scesi nella Medina da soli e ci siam persi, presi da tutto ciò che c’era da vedere. Certamente colpisce la conceria che ricorda quasi un girone infernale di Dante, uomini costantemente all’umido per conciare le pelli, bellissime ma a che prezzo umano! Tutto di questa città profuma di storia. Perdendoci nei meandri della città vecchia si fa tardi e così non riusciamo più a trovare padre Matteo sentito presto al telefono, un sacerdote originario di Peveragno che ci risponde al telefono con un accento piemontese stupendo! Peccato non averlo incontrato ma sarà per un’altra volta.
La strada che da Fes sale verso Midelt dove ci aspettano i monaci trappisti passa a un passo oltre i 2100m, fa freddo e in alcuni posti han passato lo spandisale causa ghiaccio! Sembra di essere in svizzera e quasi sul colle c’è una famosa università di super ricchi e una residenza del Re. Ci sbagliamo a un bivio forse per il freddo e ci ritroviamo a un altro passo che dovevamo evitare ma ormai è tardi per tornare indietro e proseguiamo in posti comunque bellissimi. Cominciamo a scendere verso Midelt e tutto sembra cambiare, in pochi Km siamo in un deserto di pietre con altipiani ancora abitati da nomadi che vivono di poco o nulla. Midelt a 1500m dove si trova il monastero è ai piedi di una montagna di 3700m, ma la povertà è africana e se anche la chiamano la porta del deserto ed è l’unica strada che scende verso il sud, è un luogo poverissimo e che sembra dimenticato. È stata un po’ famosa al tempo del protettorato a causa anche delle miniere di fosfato ora non più redditizie. Il piccolo albergo dove ci accompagnano i monaci si chiama Il re della birra! Ma niente birra, niente ristorante e soprattutto niente riscaldamento: come dormire a Casteldefino senza riscaldamento in questa stagione: dormiamo vestiti e andiamo a letto alle 9.30: in giro non c’è nessuno e tutto è chiuso.
Ma veniamo alla perla del posto: il monastero dei trappisti (benedettini riformati). Ci apre Jean Pierre, l’unico monaco superstite del monastero di Tibirine che anche là era il portiere. Forse non tutti conoscono la storia di Tibirine in Algeria se non chi ha visto il film “Uomini di Dio”. Nel 1996 furono uccisi 7 monaci non si sa bene da chi in un momento particolare per l’Algeria. Vi racconteremo a voce perché ne vale la pena. Ora questo monastero di Midelt rimane simile a quello dell’Algeria a cui era gemellato. Una presenza silenziosa che parla da sola. Sono osservati, controllati e stimati. Jean Pierre ci racconta di quegli anni, ora lui ne ha 88, pietra vivente meravigliosa: i suoi occhi da vecchio brillano e ci regala molto del suo tempo e le sue parole diventano meditazione semplice sulla loro presenza e sulla testimonianza della tenerezza di Cristo e della possibilità di accoglierci ed amarci in maniera gratuita.
Domenica comincia con la sveglia alle 6.20 per poter essere al monastero per le lodi delle 7.15. Bello vedere nascere il sole su queste montagne e poter continuare la preghiera che i fratelli musulmani avevano iniziato prima di noi. La preghiera dei salmi culla il nostro risveglio e dopo questo i monaci ci offrono colazione e cogliamo l’occasione per poter parlare con il priore che ci parla di Charles de Foucault e di un altro prete che qui ha vissuto come fratel Charles. Bello ritrovarsi attraverso letture comuni e maestri comuni nel provare a vivere la stessa fede in luoghi così diversi.
Ritorniamo all’albergo per recuperare i bagagli e poi risalire al monastero per la messa delle 11. Piccolissima comunità fatta dai monaci, un sacerdote di Parigi che sta facendo un anno sabbatico qui e 7 suore francescane della visitazione che lavorano a Midelt e alla montagna presso i Berberi più poveri. Pensiamo alle messe celebrate oggi in valle e siamo uniti nella preghiera comune che annulla le distanze. Dopo la messa le suore ci dicono che conoscono un albergatore di Merzouga e ci invitano ad andare a prendere dopo il pranzo l’indirizzo.
Il pranzo in monastero è come sempre in silenzio con una lettura di sottofondo. In questo periodo stanno leggendo il diario del monastero di Tibirine. Sembra rivivere quei momenti di tensione e nello stesso tempo comprendere lo spirito che li ha spinti a rimanere in Algeria.
Ripartiamo che sono già le 14 e ci attendono 250 km di strada di montagna. Risaliamo a 1900 metri e riscendiamo a 1000 metri passando per delle valli che sembra essere nel Gran canyon. Paesaggi mozza fiato fino a trovare la grande duna che fa da contorno a Marzouga. Ci aspettano perché le suore hanno telefonato. La Ducati è arrivata anche in pieno deserto e ha toccato la sabbia. Bella sensazione.
Una buona cena ancora senza birra. Sarà per la prossima
Domani arriviamo fino a Ourzazade e ci attendono anche lì delle suore. Questo è il bello della chiesa che fa dimenticare tante altre cose (che succedono più vicino a Roma).
Buona notte e a domani














sabato 14 gennaio 2012

venerdì


Carissimi tutti,
forse la parola migliore per esprimere questa giornata è: gratitudine! Visita alla moschea di Casablanca con Miriam che racconta la vita dietro l’immensità bella di quel luogo di preghiera sul mare, voluta dal re e incantevole da vedere quanto piena di contraddizioni. Miriam, piccola sorella Tedesca addolcita dai colori del mediterraneo nordafricano così cari a Camus.
Poi uscita caotica da Casablanca e qualche km di autostrada poi il paesaggio si fa bellissimo, dolce e piacevole agli occhi e per la guida. Non ci sembra vero, in un cielo blu e con un radioso sole siamo cullati dalla bellezza della strada e dai colori di questo medio atlante che si avvicina. In questo caldo inverno africano la campagna è ricca e ben lavorata, olive, grano, aranceti etc.
Poi la prima città imperiale: Meknes con un fascino quasi orientale e poi Fes: bellissima e sensuale. Entriamo in Medina dalla porta indicataci dalle piccole sorelle e siamo in un piacevole albergo nel cuore della storia. Una telefonata e arriva Beatrice piccola sorella francese che ci guida a casa loro per vie dove è facile perdersi dopo pochi metri. La loro casa nel cuore della povertà è curata e semplice come sanno essere loro e particolarmente accogliente si presente la cappella. Parliamo mangiando dolci e sorseggiando l’ottimo thè alla menta che ormai conosciamo. Bastano pochi minuti per sentirci a casa. Si condividono impressioni, vite e si scopre di aver amici comuni conosciuti migliaia di km da qui! Che bello tutto questo! Poi ci si saluta e Lalita piccola sorella indiana si propone di accompagnarci, ci guida nel cuore della città ci racconta di vite nascoste oltre le mura, di donne che potevano vedere il mondo solo da piccoli buchi e di schiavi che permettevano ai ricchi di vivere bene. Le sue parole esprimono amore per questa città e per questa gente, per i più poveri soprattutto. Si ferma spesso a salutare, i mendicanti in particolari o chi è sul bordo della via. Ci dice che questa città ha un’anima e la senti vibrare camminando per queste strade. La sua semplicità contagia, fa bene al nostro cuore e ci permette di gustare questo mondo così vicino ed insieme così lontano dal nostro. Charles de Foucauld ha soggiornato qui un mese nel tempo del Ramadan musulmano, tempo in cui non si poteva viaggiare, guardando la gente semplice pregare ha ricominciato a farlo, da questo è stato colpito. Chissà se qualcuno che vede le nostre preghiere potrebbe vivere la stessa cosa!
Ora proviamo a riposare, domani mattina cerchiamo un sacerdote originario di Cuneo da 8 anni parroco qui a Fes… com’è strano il mondo. Poi proseguiremo per il monastero di Midelt attraverso le montagne! Viaggio particolare anche questo, noi continuiamo, speriamo il tempo tenga ancora un po’!
Buona notte a tutti e grazie per tutti quelli che continuano o hanno ripreso a leggerci e a commentare, guardiamo anche per voi, vi portiamo in cuore.
Francesca… tuo marito sta dando il meglio di sé! Racconteremo a voce se gli echi non arriveranno prima. Un abbraccio a tutti