Siamo nel centro di accoglienza dell’arcidiocesi di Jos. Bella struttura che rivela la presenza di una chiesa già più antica e più ricca. Che differenza dalla casa del vescovo di Kandi. Con Claudio ci dicevamo che proprio solo chi ha studiato l’Antico Testamento e conosciuto la povertà del popolo di Israele può essere vescovo in quel luogo. Ci colpiva la foto che lo ritraeva con il papa a Roma in un ufficio che era accogliente solo perché la sua persona lo rendeva tale.
Mercoledì siamo partiti dopo aver celebrato la messa alle 6.30 da delle suore che poi, in estrema familiarità, ci hanno invitato a colazione. Bell’incontro contrassegnato dal sentirci fratelli e sorelle anche se non ci si conosce. Qualche parola in italiano (quasi tutte avevano passato qualche tempo in Italia per studi o formazione) e poi a prendere i bagagli. Sono le otto quando partiamo e sappiamo di avere una giornata non tanto lunga per quanto riguarda i chilometri quanto per ciò che in quei 329 km avremmo trovato. Infatti abbiamo iniziato con 140 km di pista che ha messo a dura prova le nostre capacità di guida. Il vescovo ci aveva detto che avremmo trovato solo un po’ di sabbia, invece abbiamo trovato solo qualche km di pista normale. Le foto diranno qualcosa anche se non rendono appieno ciò che ha voluto dire. Luca ha fatto anche una piccola caduta che ha creato qualche graffio ad un gomito e qualche graffio anche alla moto. Prima della frontiera ci siamo fermati per bere qualcosa di fresco dall’ultimo sacerdote della diocesi prima della Nigeria. Parrocchia molto povera ma con un sacerdote che nella sua semplicità ci è sembrato il resto di Israele. Padre Jonas ce lo porteremo in cuore tutti. Telefona subito al vescovo per dire che eravamo arrivati e che la pista non ci aveva mangiato. Ci rassicura che la pista terminerà dopo 25 km, cioè con il Benin.
Dopo questi km di pista c’è stata la sorpresa della frontiera con la Nigeria. Nel giro di qualche km siamo stati fermati e perquisiti una decina di volte (non si sa bene se ufficiali oppure no) al punto che la pazienza di tutti era al limite. Ma le cose non finivano lì perché dopo aver passato tutti i controlli e aver fatto 70 km verso la meta della giornata ad un posto di blocco ci hanno detto che dovevamo tornare indietro alla frontiera perché non avevamo passato alla dogana. Lo sconforto è stato talmente grande che uno della dogana è venuto con noi fino all’ufficio che non avevamo nemmeno visto. La sua presenza ci ha evitato altre perquisizioni. Tutto questo ci ha ritardato al punto che non siamo riusciti ad arrivare a Kontagora e abbiamo dovuto cercare un albergo. Per farla breve abbiamo viaggiato per più di un’ora nella notte pregando di trovare al più presto un albergo. Il “big hotel” era all’apparenza buona ma poi si è rivelata una catapecchia. Quando si è stanchi e non si sa dove battere la testa, qualsiasi cosa va bene e quindi abbiamo riso abbracciandoci per essere riusciti ad arrivare e facendo cena con qualche biscotto e bevendo coca-cola calda, siamo andati a dormire.
Oggi è iniziato all’alba. Tutti avevamo paura di non farcela perché il non essere arrivati a Kontagora allungava il percorso di 100 km. Il viaggio è andato bene tra le solite buche e un traffico di camion da fare paura. Non abbiamo mai visto un traffico del genere. Quando eravamo in Cameroun ci avevano detto che in Nigeria era il caos più assoluto, ma non avremmo mai immaginato che fosse così. Sembra che tutti siano sempre un po’ sopra le righe. Sembra che questo sia un paese senza legge e dove il più forte abbia sempre la meglio. Così succede per strada sia nei sorpassi sia quando si incrocia qualcuno in mezzo alle buche. Chi non cede ha la meglio. Il pranzo è stato qualche arancia e un po’ d’acqua sotto un albero lungo la strada. Sicuramente chi, passando, ci vedeva avrà detto: “Ma cosa fanno questi bianchi con dei mezzi così grandi a ridursi a mangiare al bordo della strada?”.
Quando siamo arrivati a Jos ci ha colpito i posti di blocco militari e della polizia che circondano la città. Pere George ci aveva preavvisato della presenza militare visti le tensioni degli ultimi periodi. Se la tensione legata ai fatti si è sentita, la situazione è abbastanza tranquilla e, ci faceva notare pere George che ciò che è stato detto a livello internazionale era un po’ esagerato. La cena questa volta è stata un po’ più sostanziosa di quella di mercoledì in più con i vescovi della Nigeria del nord, contenti di poter rispolverare un po’ l’italiano imparato tanti anni fa a causa degli studi.
Adesso di va a dormire contenti. Domani si riparte per Maiduguri. Altra tappa lunga, ma la meta si avvicina. Di lì dovremmo cominciare a sentire aria di casa.
Un abbraccio a tutti.
Scusate l'assenza di didascalie alle fotografie, ma il post lo sto pubblicando io (franco) dall'Italia, con il materiale che i nostri amici mi hanno inviato per e-mail. Stasera a Jos hanno una commessione molto lenta e non sono riusciti ad accedere al blog.
Forza che ormai siete vicini alla meta!!!!!
RispondiEliminaToglietemi una curiosità: cosa vuol dire il cartello stradale che avete fotografato? Attenti alle gobbe dei cammelli oppure strada accidentata!!!!!!!!
Un forte abbraccio.
Aldo e Rinalda
La meta è quasi raggiunta e.... il tifo si fa più forte !!!! Quasi ci spiace che, tornando in valle, non scriverete più sul blog...potreste sempre continuare perchè ci mancherebbe troppo. Le buone abitudini è un peccato perderle. Buon cammino e un forte abbraccio.Graziella e Renato
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